Il restauro della Pieve di san Martino in veclo è stato realizzato secondo un criterio di correttezza filologica, attraverso l’uso di materiali coerenti con il luogo e la sua storia. Storia in cui volevamo entrare con passo leggero, accodandoci a chi ci aveva preceduto senza imporre un cambiamento di segno, anzi cercando piuttosto di mantenerlo inalterato.
“Queste pietre parlano.” Hanno detto. O cantano, dico io oggi. E questo accade perché la Pieve sembra parte del paesaggio stesso. E rimane nel cuore di chi ci lavora o ci transita.
Una lunga storia. Un intreccio di relazioni. Un luogo di incontri e di scambio.
Che questo fosse il suo carattere peculiare, e che lo sarebbe stato anche per noi, ci fu chiaro sin dall’inizio.
La persona che ci ha portati alla Pieve, un architetto, ci ha affiancati nel restauro in immediata sintonia di sensibilità ed intenti ed è diventato un carissimo amico. Poi ci sono stati incontri con un muratore che ha scavato a mano tra i detriti e ha lavorato gli intonaci accarezzandoli, con una restauratrice che parlava con le pietre, con una decoratrice che ama i muri come i suoi quadri, con un falegname che semplicemente tale non può essere definito perché è un artista del legno, con un contadino, signore dei boschi, che custodisce la Pieve come se fosse casa sua, e con tante altre persone che qui hanno lavorato accogliendo la nostra idea di fondo e facendola loro. Con molti abbiamo stretto amicizia per la vita.